Le parole di Károly Gundel, rinomato ristoratore e scrittore ungherese dell’inizio del secolo scorso, sono più attuali che mai. Negli ultimi anni abbiamo preso parte al fenomeno della cucina ungherese che torna gradualmente alle sue radici. E coltivare queste radici nel mondo del XXI secolo sta generando entusiasmo e nuove sfide, che è ciò che rende la cucina ungherese contemporanea così eccitante.
Un numero crescente di persone ben istruite e che hanno viaggiato, sia giovani che persone a metà carriera, scelgono la ristorazione o le professioni correlate: dall’allevamento di animali alla produzione di vino e di alimenti artigianali. Molti stanno tornando alle proprie radici e quindi stanno ingrossando le fila degli esperti ungheresi. Tali esperti hanno fatto rivivere varietà di uve dimenticate nel bacino dei Carpazi e salvato razze animali e varietà vegetali ungheresi scomparse da secoli. Queste persone stanno ora occupando un posto d’onore nella gastronomia d’alta classe. Uno dei risultati più significativi di questi sforzi è la riscoperta del maiale mangalica di fama internazionale. Un’altra è una nuova consapevolezza di piante e ortaggi tristemente trascurati, come il grano saraceno, coltivato tradizionalmente in Ungheria, o il topinambur.
C’è una crescente domanda nella vendita al dettaglio e nella ricezione di cibi artigianali da parte di piccoli produttori al posto dei prodotti alimentari di massa. Salsicce selezionate e pancetta affumicata ungherese, formaggi a lunga stagionatura o pálinka (acquavite di frutta). Quest’ultima per molti anni non ha ricevuto il dovuto riconoscimento, fino a poco tempo fa. Ciò dimostra che i metodi per produrre cibi e bevande che risalgono a secoli fa non sono stati dimenticati. I prodotti realizzati in questo modo possono ora occupare un posto d’onore sul mercato ungherese e internazionale.